Sguardi incrociati sulla stregoneria in Europa
Dal Mulino il saggio «Le streghe» di Wolfgang
Berhinger, sintesi storico-antropologica di fenomeni analizzati nel
libro «Inquisition et sorcellerie en Suisse Romande»
Marina Montesano
Il 20 maggio, in Kenya, undici persone accusate di
stregoneria sono state linciate e poi bruciate. Nonostante la notizia
abbia fatto scalpore, è difficile dirne qualcosa di preciso perché le
informazioni filtrano con parsimonia. In passato comunque la zona era
stata teatro di episodi analoghi: nel ’92 vi fu una «caccia alle
streghe», che declinò nel ’94. In tutti i casi, incluso l’ultimo, la
folla degli aggressori era composta di giovani, le vittime erano per lo
più anziani; almeno una delle donne uccise in maggio era moglie di un
pastore protestante. Si può ipotizzare che i rapporti
intergenerazionali e interreligiosi siano chiamati in causa? I
disordini politico-tribali che hanno di recente attraversato il paese
portandolo alla guerra civile, hanno trovato un ultimo sfogo nel
linciaggio? O forse la crisi internazionale dei prezzi dei generi
alimentari, che in Kenya si era manifestata già negli scorsi anni, può
avere giocato un ruolo?
Di solito l’accusa di stregoneria scatta
allorché si manifestano morti improvvise, soprattutto di bambini, e
quando i rapporti intercomunitari si deteriorano. Lo dimostrano molti
studi sulla stregoneria europea e extraeuropea, ed è interessante
notare come la percezione tipica degli occidentali abbia influenzato la
ricezione delle notizie dal Kenya: tre delle vittime sono uomini, ma si
è per lo più parlato di undici donne; e il linciaggio, al quale è
seguito l’incendio delle case delle vittime, con i cadaveri
all’interno, si è trasformato in una condanna al rogo («undici streghe
bruciate vive»), perché tale è il nostro immaginario legato a questo
tema. Utile dunque giunge la traduzione italiana della sintesi di
Wolfgang Berhinger (Le streghe, il Mulino, pp. 132, euro 11), che parte
da una trattazione storico-antropologica in rapporto alla stregoneria
come fenomeno generalizzato, per arrivare a una trattazione della
caccia alle streghe europea d’età moderna.
Molte società conoscono
forme assimilabili al concetto europeo di stregoneria, legate a
pratiche di guarigione ma anche di maleficio: è insita nel concetto di
magia, infatti, una buona dose di ambiguità: coloro che sono in grado
di utilizzare mezzi magici per compiere il bene (curare, ritrovare
oggetti rubati e così via), sono anche capaci di lanciare malefici che
portano alla morte, o alla sterilità della terra, degli animali e degli
esseri umani. Questo insieme di malefici è la base comune a tutte le
credenze in materia di stregoneria, ma ogni contesto socioculturale
conosce innumerevoli varianti. Nel caso europeo (e in parte
nordamericano, frutto di una esportazione) il rapporto con le
persecuzioni antiereticali e il discorso demonologico sono fattori
essenziali. Ma se è opportuno delineare una sintesi generale del
fenomeno stregonico, bisogna ricordare che le differenze sono più
importanti delle similitudini. Su un piano generale si può discutere
sull’assunto dell’etnologo Evans-Pritchard, che nei suoi studi seminali
sulla stregoneria fra gli Azande, condotti negli anni ’30, interpretava
il fenomeno come un elemento equilibratore all’interno della comunità,
notando come oggi si tenda a evidenziarne la presenza in situazioni di
tensione sociale. Quando però ci si volge alla società europea fra ‘400
e ‘700, ci si imbatte in un fenomeno difficilmente riconducibile a
schematizzazioni e il lavoro sulle fonti, dai trattati inquisitoriali
agli atti dei processi, diviene essenziale. Notevole in tal senso è
l’opera compiuta a partire dalla fine degli anni ’80 da un’équipe
dell’università di Losanna, guidata da Agostino Paravicini Bagliani,
che lavora nel Pays de Vaud. La ricerca ha condotto alla pubblicazione,
nei Cahiers lausannois d’histoire médiévale, della totalità degli atti
processuali contenuti nel registro per l’arco cronologico 1438-1528.
Una documentazione di primaria importanza, nella quale si coglie con
chiarezza il legame fra persecuzioni antiereticali e antistregoniche, e
che fotografa la nascita della caccia alle streghe in un’area solo
apparentemente marginale, in realtà centrale per l’elaborazione di idee
intorno alla stregoneria, che di lì a poco influenzeranno ampie zone
d’Europa.
Alla fine del decennio scorso, parte di queste ricerche
era confluita nel volume L’imaginaire du sabbat. Edition critique des
textes les plus ancien (1430c. – 1440 c.), a cura di Martine Ostorero,
Agostino Paravicini Bagliani, Kathrin Utz Tremp (Université de Lausanne
1999), essenziale per comprendere le origini di uno dei temi più noti,
ma al tempo stesso peculiari della stregoneria europea: il sabba. Ora
un’altra opera collettiva, Inquisition et sorcellerie en Suisse
romande. Le registre Ac 29 des Archives cantonales vaudoises
(1438-1528), a cura di Martine Ostorero, Kathrin Utz Tremp, Georg
Modestin (Université de Lausanne 2007) fornisce una sintesi di questa
avventura scientifica, pubblicando gli ultimi cinque processi. Non è
però solo una chiusura rispetto al lavoro compiuto, ma rappresenta
piuttosto l’aprirsi di nuovi orizzonti di ricerca: che da un lato
conducono a approfondire l’analisi sui dati raccolti, per meglio
comprendere le dinamiche sociali coinvolte; dall’altro invitano a
valicare i confini geografici nei quali l’équipe si è mossa,
applicandone i metodi a contesti ancora da esplorare.
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