no alla Gelmini, no ai baroni! (lettera immaginaria al Manifesto)

Cari compagni,
penso che la vostra copertura della "riforma gelmini" sull’università (legge 133/08) sia insufficiente.
E’
vero che dietro alla Gelmini c’è Tremonti ma è anche vero che la realtà
è sempre più complessa di quello che gli slogan ci fanno urlare.
Mi riferisco all’immorale sistema mafioso-feudale che ormai attanaglia
tutta l’università italiana e che rende praticamente (quasi) tutti i
professori strutturati suoi complici. Un sistema basato sull’arbitrio
più totale, sulla simpatia, sulla parentela, sulle conoscenze, sulla
sudditanza supina e silenziosa come precondizione per una successiva
probabile cooptazione, (quasi) mai sul merito.
Che ci siano casi d’eccellenza è inutile raccontarcelo. L’eccellenza,
nell’università, deve essere sempre ricercata e pretesa. I professori
che non producono risultati scientifici (articoli in primis, basterebbe
già questo) possono accomodarsi su una cattedra delle scuole superiori.
Quando ci renderemo conto (e lo urleremo forte) che l’improduttività e
l’impreparazione scientifica di un professore sono esattamente
identiche alla tanto vituperata rendita? E a noi le rendite non
piacciono perché tolgono arbitrariamente con la forza ed il sopruso.
Qual’è il problema dell’università? I baroni con annesso sistema
mafioso e concorsi truccati (quindi causa e prodotto di regole malate)
oppure la Gelmini? Sicuramente entrambi ma senza i primi la seconda
avrebbe molte più difficoltà nel far passare in parlamento quello
scempio che fa passare. E ancora, è vero che le fondazioni di diritto
privato pongono problemi. Quanto meno quel "privato" desta qualche
preoccupazione – qualcuno ci dirà mai esattamente cos’è una fondazione
di diritto privato? Ma che dire invece del buco di bilancio di 140
milioni che l’ex rettore di Siena Tosi, il suo attuale successore e
tutti coloro che li hanno sostenuti e votati in senato accademico hanno
gentilmente regalato a tutto l’ateneo senese e, più in generale, a
studenti e cittadini che quel debito lo ripagheranno con tasse e rette?
Siamo nella cosa pubblica o nell’affare privato e/o di casta?
In questo campo produttività e merito non devono essere mostri contro
cui far scattare le solite reazioni, lasciatemelo dire, a volte
letteralmente automatiche. Anzi, devono essere le bandiere da
sventolare per chiedere una riforma dell’università che punti
all’eccellenza, ad un sistema di borse di studio e rette che aboliscano
le barriere di classe e ad un accesso alla carriera accademica basato
sul merito.
O vogliamo prendere a modello i tanto cari luddisti inglesi? Se un
nemico utilizza uno strumento (il merito) quello strumento non deve
diventare automaticamente il nostro nemico. Marx almeno ci ha insegnato
che non è così. Anche perché tra merito e baroni io non avrei dubbi,
sceglierei senza dubbio il primo. Non mi aspetto certo queste
riflessioni da una manifestazione di piazza – eppure ricercatori e
studenti se ne stanno accorgendo e, finalmente, si stanno chiaramente
smarcando. Da un giornale d’opinione come il vostro invece una
riflessione su questi temi è d’obbligo . Certo, sarebbe falso dire che
l’argomento "baroni" non è mai stato affrontato. Ma se si vuole
ragionare attorno ad una riforma ed alla protesta ad essa collegata
bisogna ritornarci sopra più e più volte, non ci si può appiattire
sempre e solo sulla piazza o su vecchi modelli che ormai garantiscono
solo i rentiers
accademici. Bisogna scavare ed andare a fondo ed a parer mio non è
stato fatto abbastanza in questa direzione. E se si scrive – come ho
letto tempo fa – che una riforma universitaria deve essere valutata in
base al numero di baroni che riesce a far uscire dall’università,
bisogna discutere su quali siano le misure necessarie a portare a
termine il compito. E sul perché invece la riforma Gelmini non sia in
grado di farlo. Ed anche, prima di tutto, bisogna dire cos’è
esattamente l’università italiana oggi: una sorta di società basata sul
modello pre-moderno delle classi d’età, una gerontocrazia dove gli
anziani sono intoccabili ed hanno potere di vita o di morte
(accademica) sui più giovani che li devono servire e riverire. Dopo di
che ovviamente vi annuncio di aver sottoscritto qualche giorno fa la
mia parte. Ed a giorni provvederò ad un nuovo versamento. Il manifesto
deve vivere!

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3 Responses to no alla Gelmini, no ai baroni! (lettera immaginaria al Manifesto)

  1. enrico says:

    Sfatiamo il mito per il quale la meritocrazia è di destra.
    Il contrario della meritocrazia è il nepotismo. Se per vincere un concorso non è necessario essere bravi ma avere le conoscenza giuste, chi trarrà vantaggio? Il figlio di un operaio o magari il figlio di un primario d’ospedale?
    La meritocrazia li metterebbe entrambi sullo stesso piano, e il più bravo dei due prevarrebbe sull’altro.
    Viceversa, la non meritocrazia porta ad un circolo vizioso in cui le posizioni privilegiate della nostra società continuano ad essere mantenute dai discendenti dei privilegiati.

    Peccato che a parlare di meritocrazia sia sempre di più la destra che non una certa sinistra che non ha ancora ben chiare le idee.

    ciao, enrico

  2. gioegio says:

    vabbeh, io scrivevo al manifesto. non alla sinistra italiana.

  3. Mattia says:

    ben detto, io avrei anche rincarato la dose. la sinistra italiana ha grosse responsabilità nello sfascio dell’università italiana come della politica italiana in generale. del resto, i partiti veramente conservatori, nel bene e nel male, oggi in italia sono quelli di sinistra.

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