Non c’è più spazio per crescere

di Massimo De Maio 

Apprendiamo dai mezzi d’informazione che “crescita” è la parola
chiave del discorso con il quale Silvio Berlusconi ha chiesto alla
Camera la fiducia al suo quarto governo.
Al Presidente del Consiglio vogliamo ricordare che sono già cresciuti a
dismisura gli indicatori ambientali e sociali che suggeriscono, invece,
un deciso cambio di rotta nella direzione di una riduzione drastica dei
consumi. Sono cresciuti i rifiuti urbani del 12% negli ultimi 5 anni
fino a raggiungere i 32 milioni di tonnellate/anno nel 2006. È
cresciuta la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera fino
alle 390 parti per milione – negli ultimi 650.000 anni non aveva mai
superato le 300 parti per milione.  Allo stesso tempo crescono le
temperature medie del pianeta e i fenomeni climatici estremi crescono
in numero e intensità. È cresciuto il livello di inquinamento delle
nostre città e il numero di persone, soprattutto bambini, che si
ammalano a causa della cattiva qualità dell’aria. È cresciuta la
percentuale di terreni agricoli desertificati a causa dell’agricoltura
chimica e intensiva, fino al 27%, un terzo del totale. È cresciuta
l’impronta ecologica degli italiani: oggi consumiamo 2 volte e mezza le
risorse naturali che un territorio grande quanto l’Italia sarebbe
capace di produrre. È cresciuto il prezzo del petrolio, fino a superare
i 120 dollari al barile. È cresciuta la disoccupazione e la precarietà
del lavoro contemporaneamente alla crescita della globalizzazione dei
mercati e dell’economia. È cresciuta la disoccupazione anche in seguito
all’introduzione di impianti altamente automatizzati come gli
inceneritori di rifiuti – l’inceneritore di Brescia occupa una decina
di persone a fronte di un investimento di 350 milioni di euro, il
centro di riciclo di Vedelago (TV), ne occupa 64!
Sono decine gli indicatori che indicano l’impossibilità di crescere
ancora senza compromettere definitivamente la qualità della nostra
vita: non c’è più lo spazio fisico per proporre, come si fa da decenni,
una crescita infinita e senza limiti. C’è, invece, lo spazio per
migliorare il nostro benessere attraverso una drastica riduzione dei
nostri consumi, che in gran parte sono sprechi. Per produrre e
consumare energia elettrica, sprechiamo la metà dei combustibili
fossili che importiamo. Il 40% dei nostri rifiuti sono imballaggi che
sprecano plastica, vetro, carta, metalli. Le nostre case sprecano oltre
il 70% dell’energia usata per il riscaldamento. Crescere ancora
significherebbe soprattutto far crescere ancora questi ed altri
sprechi. Ridurre i consumi significherebbe, invece, creare nuove
occasioni di lavoro nell’industria della riduzione dei rifiuti, del
riciclaggio, dell’efficienza energetica, delle fonti rinnovabili di
energia, ma significherebbe anche migliorare la qualità dell’aria,
dell’acqua, del territorio e, in definitiva, della vita.
La qualità della nostra vita non dipende da quante merci riusciamo a
consumare. Al contrario, ridurre l’invadenza delle merci e dei consumi
nella nostra vita è l’unico modo per migliorarne la qualità: siamo
giunti a un tale livello di spreco che qualsiasi attività umana può
essere fatta con minore impiego di risorse naturali, minori scarti e
minore inquinamento. Si tratta di una riflessione che proponiamo
all’intera classe politica italiana per sollecitare un cambiamento
epocale di cultura e mentalità oggi più che mai necessario.

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