Una Sinistra unitaria e plurale resta la strada

…la destra più rozza dell’Europa occidentale s’è impadronita della mente
degli italiani, facendo del nostro un paese egoista e miope, nel quale
ognuno si è chiuso in quel che crede il suo interesse più immediato
mentre d’una democrazia decente più nulla importa (Rossana Rossanda)

 

 

Le
ragioni della sconfitta della Sinistra, le condizioni per la ripresa,
dalla news letter di Sinistra Democratica del 18 aprile 2008
 
(di Silvia Bandoli)

Sarà un pezzo più lungo di
quelli che scrivo di solito, me ne scuso. Ma il momento è serio. Il
Popolo delle libertà e la Lega stravincono le elezioni, il Pd resta
inchiodato a oltre nove punti di distanza , Berlusconi torna al
governo, la Sinistra Arcobaleno subisce una sconfitta storica e per la
prima volta non entra in Parlamento. Siamo stati penalizzati
dall’appello ossessivo al voto utile (tanti elettori di sinistra hanno
votato Pd illudendosi di poter battere Berlusconi ma il loro voto non è
servito) e dall’astensione di un’altra parte delusa dall’operato del
Governo Prodi appoggiato anche dalle forze di sinistra.

Questi due elementi però non spiegano una sconfitta tanto bruciante
maturata nell’ultimo anno, e che deriva dai nostri enormi e persino
incredibili errori.

Non abbiamo convinto gli elettori che avevano votato a sinistra nel
2006, non abbiamo conquistato nuove forze. La Sinistra Arcobaleno in
versione lista elettorale finisce qui. Quando nacque il Pd dicemmo che
era un terremoto politico, che nulla sarebbe più stato come prima. Che
nessuna delle forze della sinistra poteva da sola rispondere al vuoto
che si creava a sinistra del Pd: che era necessaria e urgente una
sinistra unitaria e plurale, un nuovo soggetto politico. Ma tra il
nostro dire e il nostro fare c’è stato di mezzo il mare.

Abbiamo sprecato un anno . Nonostante gli Stati Generali in
dicembre, dove tutti i dirigenti della sinistra politica si erano
dichiarati pronti a promuovere e a farsi “travolgere” da una
costituente della Sinistra , capace di risvegliare la partecipazione
alla politica, pochi giorni dopo tornavano a prevalere chiusure,
piccoli egoismi e nessuna costituente è partita nei territori. Siamo
così arrivati tardi all’appuntamento delle elezioni anticipate, solo
con una lista elettorale (la Sinistra Arcobaleno), senza una idea di
sviluppo di questo paese, senza un progetto chiaro e credibile per il
dopo elezioni, noncuranti di ristabilire un minimo di radicamento
sociale.

Abbiamo puntato tutto sul fatto che la sinistra rischiava di
scomparire, che bisognava difenderne l’esistenza. Questo appello non
poteva essere sufficiente perché per quanto un elettore di sinistra sia
sensibile al mantenimento di una Sinistra nel suo Paese egli vuole
capire come sarà, dove lo porta, quali politiche concrete propone per
cambiare in meglio la vita delle persone, quali principi mette a base
del suo progetto. E vuole anche democrazia nelle scelte programmatiche,
nella elezione dei gruppi dirigenti, nella definizione delle liste,
condivisione e partecipazione. Senza democrazia diventa asfittico
qualsiasi organismo politico (oppure diventa leaderistico e
personalistico come sono il PDL e il PD). Senza partecipazione siamo
stati percepiti come uno dei tanti ceti politici che cercano di salvare
loro stessi, e questo, per una sinistra che aveva denunciato la crisi
della politica e si era proposta di cambiarla nelle forme e nei modi è
risultata una contraddizione enorme. Se ci guardiamo intorno siamo,
paradossalmente, noi dirigenti della Sinistra Arcobaleno quelli che più
di tutti gli altri risultano travolti dalla pesante critica che
montava, spesso con analisi che io non ho condiviso, dalla cosiddetta
antipolitica. E a questo voglio aggiungere che l’aver dato una immagine
totalmente maschile è stato un limite serissimo che denuncia una cecità
profonda e mai superata.

Se sono vere anche solo una parte delle cose che ho scritto fin qui
è chiarissimo che siamo di fronte ad una mole enorme di problemi da
capire e da risolvere se vogliamo pensare ad una ripartenza. Per
ricominciare bisogna avere chiare le ragioni di una sconfitta,
rimettere mano in fretta alle pratiche politiche sbagliate che hanno
condotto a quegli errori, cambiare con la democrazia (e non con
sommarie rese dei conti) coloro che dirigeranno in futuro l’eventuale
progetto di rilancio. Ma bisogna anche dirsi con chiarezza e senza
prese in giro qual’è la proposta politica e il progetto di paese che
vogliamo rimettere in campo. Ho scritto tante volte della Sinistra che
vorrei e non potrei adesso scrivere cose diverse .

Vedo moltiplicarsi in questi giorni convulsi appelli di ogni genere
ma ciò che li accomuna è un dato chiaro: la richiesta di tornare ognuno
nei propri accampamenti e nei vecchi perimetri culturali. Il solito
ritornello che vuole i comunisti con i comunisti, i verdi con i verdi,
i socialisti con i socialisti..ripropone solo la congenita e maledetta
incapacità delle varie culture della sinistra italiana a stare insieme.
E’ una resa. Credo che ognuna di queste culture politiche per quanto
ben organizzata non possa, da sola, andare da nessuna parte. Temo che
andrebbe solo verso il suo esaurimento.

Sento anche che alcuni altri (pochi per fortuna) propongono di
trasferirci armi e bagagli nel Pd : mi pare anche questa una proposta
disperata e sbagliata. Se siamo uomini e donne di sinistra come
potremmo ritrovarci in un partito che , per sua stessa ammissione non è
e non vuole essere un partito di Sinistra?

Tutte le ipotesi che ho elencato rinunciano alla sfida che resta
intatta davanti a noi e che ci è caduta addosso quando è nato il Pd :
come e chi ridarà forza ad una sinistra in italia? Come ricostruirla? E
su quali basi? Dobbiamo tenere i nervi saldamente ancorati alla ragione
perché in un momento tanto grave i gesti istintivi e frettolosi possono
apparire più semplici, ma in genere sono sostenuti da poco pensiero e
rischiano di diventare altri errori che si accumulano a quelli già
fatti. Io penso che resti tutto intero davanti a noi l’obiettivo di una
sinistra unitaria e plurale perché ritengo maturo (anzi oramai quasi
scaduto) il tempo nel quale le culture più storiche della sinistra
possano convivere insieme a quelle più recenti e nuove (quelle nate
dall’ecologia scientifica, dal pensiero della differenza di sesso e
dalla libertà femminile, dalla critica alla globalizzazione). E del
resto quanti di noi interrogando la loro coscienza (e anche la loro
pratica politica quotidiana) potrebbero dirsi oggi solo e soltanto
comunisti, o solo socialisti o soltanto verdi? Siamo molte culture
(ognuno di noi ne raccoglie nel suo intimo molte più di quel che ci
diciamo) e insieme dobbiamo cercare di radicare nel paese una sinistra
unitaria e plurale. Che non può essere la somma di tanti partitini e
dei suoi gruppi dirigenti, ma un soggetto politico nuovo.

Per quel che attiene al progetto riparto anche qui da cose già dette :

“Se non si cresce non c’è nulla da ridistribuire. La crescita prima
di tutto e il Pil come totem” Questo è stato il tema della campagna
elettorale del PDL ma purtroppo è diventato anche il motivo dominante
di quella del Pd. La Sinistra parte da altri presupposti: è una forza
politica che vede il mondo e le sue contraddizioni globali e ha il
coraggio di dire al Paese cosa deve crescere e cosa invece deve
decrescere.

Devono crescere, ad esempio,i servizi immateriali, i trasporti di
merci su ferro e per mare e i mezzi pubblici per le persone, il
risparmio energetico e le energie rinnovabili, il salario e gli
stipendi, la sicurezza del lavoro e il suo ruolo sociale, l’agricoltura
non modificata, le reti idriche, l’edilizia di manutenzione e di
recupero , l’impresa sociale, i diritti.

Devono diminuire le rendite, le speculazioni edilizie e
finanziarie, l’uso di cemento che ci vede tra i primi Paesi nel mondo,
il trasporto di merci su gomma, la dipendenza dal petrolio, il numero
di automobili, la chimica più inquinante, le spese per armamenti (che
negli ultimi dieci anni toccano il picco). La chiave di volta è una
idea di sviluppo fondata sulla riconversione ecologica di settori
importanti della nostra economia. Una diversa concezione dei
consumi,dei cicli produttivi e delle merci. Lanciare allarmi sui
cambiamenti climatici e sui limiti delle risorse naturali non vale
nulla se si rinuncia ad indirizzare lo sviluppo verso altri fini, anche
attraverso indirizzi chiari e forti dello Stato in economia.

Il cambiamento del modello di sviluppo liberista è il nostro
obiettivo e la riconversione ecologica dell’economia è l’insieme di
riforme da mettere in campo per conseguirlo. Spesso la Sinistra non ha
saputo vedere quanta giustizia sociale passi attraverso la
riconversione ecologica, e ha sbagliato. Proviamo a pensare all’acqua.
Di quale giustizia sociale si può mai parlare in un mondo nel quale una
parte enorme di persone non ha accesso all’acqua e da qualche settimana
neppure al cibo minimo? Che l’acqua resti un bene comune, un diritto, e
che la gestione delle reti resti pubblica è una scelta precisa, di
sinistra, redistributiva, antiliberista. Il Pil misura in modo
indifferenziato la produzione di un Paese, non ci parla degli
squilibri. Il Pil non misura i diritti e non li garantisce, non
riequilibra le risorse, non ci parla di democrazia, non si cura della
sicurezza sul lavoro, non ci dice che stiamo consumando troppo
territorio agricolo, che cementifichiamo le coste (vera risorsa per un
turismo di qualità), che abbiamo il 40 per cento di acqua che si
disperde . Il Pil è un indicatore nudo e crudo.

Lo consideriamo, ma non è la bussola della Sinistra. A noi
interessa il benessere economico netto . Il disco rotto della crescita
indifferenziata gira sul piatto da molti anni. E da molti anni nulla di
buono cresce. Noi lavoriamo invece per l’aumento della qualità sociale
e ambientale dello sviluppo. Se queste (e molte altre ancora) sono
alcune delle nostre idee, dalle quali derivano progetti di cambiamento
che migliorano la vita delle persone, un altro nodo va sciolto al
nostro interno.

Si tratta del fatto se la Sinistra alla quale pensiamo debba avere
oppure no una cultura di governo. Che non vuole dire stare al governo.
Io provengo da una forza politica, il Pci, che aveva una solida cultura
di governo. Che sapeva misurarsi con tutti i problemi che i lavoratori,
i cittadini, gli insegnanti, i tecnici, le città come organismi
complessi presentavano. Si può stare all’opposizione con una solida
cultura di governo e ottenere risultati importanti, si sta spesso al
governo per anni senza ottenere alcun risultato e senza governare (la
Campania insegna).

Ebbene io penso che una sinistra unitaria e plurale per diventare
una forza popolare, radicata socialmente, presente sui problemi del
territorio debba avere una cultura di governo su tutti i temi che si
aprono davanti a noi in questo secolo così difficile. Nessuno escluso,
anche quelli che ci imbarazzano di più o che vedono una nostra
elaborazione assai scarsa. Parlerei di egemonia, una parola fondante
per la sinistra, ma non vorrei aprire un confronto filosofico.

Da ultimo le forme, i modi, le relazioni, le nostre parole. L’unica
forma per organizzare una forza politica di qualsiasi genere è la
democrazia. Nessuno accetta più, a sinistra di vivere senza democrazia.
Se la Pdl e il Pd hanno scelto il modello leaderistico e personale di
tanti uomini soli al comando io ritengo che la Sinistra non possa farlo
perché negherebbe in radice la sua natura. I modi sono quelli della
trasparenza delle scelte, della partecipazione e dell’ascolto, del
ritorno ad organizzazioni territoriali e a rete.

Le relazioni sono quelle tra le persone nelle quali si riconosce ad
ogni livello e si rispettano le differenze e la presenza e la libertà
di tutti e due i sessi. Le parole nuove ce le dobbiamo inventare tutti
e tutte insieme, e non sarà facile perché spesso, parlando quasi sempre
tra noi abbiamo assunto un linguaggio autoreferenziale e
incomprensibile a chi ci ascolta, ai giovani in particolare. Vedo in
questi giorni tentativi sommari di trovare capri espiatori, di
consumare rese dei conti. Inutili pratiche, vecchie come il mondo.

Chiarito il percorso che vorranno fare tutti coloro che non sono
disponibili a tornare dentro i recinti di prima allora democraticamente
e con un forte collegamento con i territori dovremo trovare tutta la
democrazia che serve per eleggere in modo trasparente chi dovrà portare
più responsabilità di altri. Vendola nella sua intervista di ieri ha
detto un nuovo gruppo dirigente che comprenda al suo interno anche una
nuova generazione, e io concordo. Dice anche che si potrebbe pensare ad
una direzione duale (un uomo e una donna), può essere e sarebbe un
fatto nuovo. Ma la condizione è che percorsi, programmi, persone
vengano scelte con la democrazia e con il voto. Abbiamo fretta da una
parte ma abbiamo anche un po’ di tempo. Rifondazione è alle prese con
un dibattito congressuale difficile che io rispetto e che credo vada
svolto. Ma pur seguendo con attenzione quella riflessione non è detto
che nel frattempo si debba restare fermi. Ripartiamo dal territorio,
dai gruppi unitari che si sono formati in tante realtà, dalle case
della sinistra, dalle associazioni che sono disponibili, dagli eletti
nei comuni, nelle province e nelle regioni. Costruendo attorno a loro
partecipazione , legame con i territori e discussione politica.
Riuniamoci, compagne e compagni, diciamoci tutto quello che pensiamo…e
poi, finite le critiche e le invettive, rimettiamoci in cammino.

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