Fine di un compromesso sociale – Giulietto Chiesa

di Giulietto Chiesa, Megachip – da Galatea

Metabolizzare
la batosta, davvero storica, del 13-14 aprile 2008, sarà complicato per
la sinistra, anche per quelli che hanno votato PD credendo di votare a
sinistra. “Vi ricordate quel 18 aprile?”- suonava una canzone per
ricordare altri momenti infausti (il 1948) – “d’aver votato
democristiani/ senza pensare all’indomani / a rovinare la gioventù”.

Questa
volta è andata addirittura peggio. Sparita la sinistra dal Parlamento
italiano. Sparita la sinistra in generale? Non mi pare. L’operazione è
stata una cospicua stratificazione di trucchi. Il risultato dice che
sei o sette milioni di italiani non hanno più una loro rappresentanza
in Parlamento.

Metabolizzare sarà difficile anche
perché c’è già molta gente, appunto a sinistra, e in modo particolare
tra gli inetti che hanno costruito la sconfitta con le loro mani, che
pensa di riprendersi il maltolto in tempi brevi, che anela alla
rivincita, e che sta già imboccando scorciatoie nelle quali sarà facile
graffiarsi le ginocchia, se non rompersi le gambe.

Questo
aprile epocale ha una data di nascita lontana, anzi ne ha tante che è
perfino difficile metterle tutte in fila. E’ necessario ricominciare
con fatica e fare analisi che non si facevano da una ventina d’anni.
Dal fatidico 1989, per esempio, quando cadde l’ancor più fatidico “muro
di Berlino”. Di cui, per altro, i giovani che hanno votato in questo
aprile non sanno un bel niente.

Si è rotto il
compromesso sociale che, bene o male, aveva retto gli equilibri della
società italiana dal dopoguerra. E’ il primo segnale di una rottura che
diventerà assai presto molto più grande. Sono state le classi dominanti
italiane che hanno rotto questo compromesso. E stavano provando a
imporre la loro interpretazione della modernizzazione attraverso
Veltroni e il Partito Democratico. Ma l’operazione è fallita. Gli è
scappata di mano, e dal loro cappello a cilindro è venuto fuori di
nuovo Berlusconi. E la Lega, che è componente essenziale e una delle
cose più inquietantemente interessanti tra le molte che stanno
accadendo.

Hanno rotto il compromesso perché pensavano
di poter far pagare ai lavoratori e ai ceti medi la modernizzazione,
per tenere alta la competitività e mantenere il livello altissimo di
profitti e rendite su cui hanno prosperato in questi anni. La sinistra,
divisa e in disarmo, ha offerto poca resistenza o nulla a
quell’operazione.

Anche la sinistra non aveva capito
dove stava andando la globalizzazione. Né ha capito l’11 settembre e i
suoi molteplici significati. E quindi, insieme al pacifismo, non ha
capito le ragioni della grande guerra in corso. Ha pensato – mentre è
in corso una lotta mortale per la sopravvivenza – di potersi limitare a
condurre con successo qualche ritirata tattica. Di ritirata in ritirata
si è visto che milioni di persone – la maggioranza – stavano perdendo
fette consistenti di potere d’acquisto, cioè di tenore di vita.

Le
scaramucce si sono svolte tutte “dentro” la logica del mercato, come se
il mercato fosse un campo di calcio dove si rispettano le regole.
Invece il mercato finanziario, globale e italiano, era diventato sempre
più gaglioffo e canagliesco. E ad esso si sono aggiunte due crisi,
entrambe epocali, quella energetica e quella ambientale, che avrebbero
dovuto sollevare la loro attenzione, e che sono state ignorate.

E’
stato un accavallarsi di errori. Anche le classi dominanti hanno
sbagliato. Pensavano, con ingenuità imperdonabile, che il buonismo
veltroniano potesse tenere le briglie di un cavallo a tal punto
impazzito. E pensavano che il moderato riformismo compassionevole del
PD potesse reggere un progettino di ripresa della crescita, proprio nel
momento in cui cominciava a vedersi con chiarezza che nessuna crescita
sarà più possibile. Certamente non lo sarà più nei termini e con le
modalità con cui vi è stata fino al 2001: gestione dell’esistente,
proprio nel momento in cui l’esistente diventa insopportabile.

La
sinistra avrebbe avuto margine di azione, se fosse stata capace di
proporre qualche cosa di diverso. In mancanza di una proposta
alternativa, e in presenza di un mugolio riformista indistinto e
palesemente poco credibile, ampie masse popolari – non solo e non tanto
“operaie”, ma grandi masse di individui, molto differenziate, di cui la
classe operaia è solo parte, includenti artigiani, commercianti,
piccoli imprenditori etc – sono andate a cercare protezione altrove.

Cioè
non in bocca al nemico – perché il nemico era ed è proprio chi tentava
l’operazione cosiddetta “modernizzatrice”, l’ideatore del precariato
della crescita a oltranza, dell’accelerazione dei consumi – ma da
un’altra parte. Hanno fatto la mossa del cavallo, spiazzando tutti. E
votando Berlusconi e Lega. La gente sta peggio di prima, sebbene
consumi ancora di più (ma indebitandosi), e quando comincia a essere
costretta anche a consumare di meno – esattamente l’opposto dell’unico
“valore” che le è stato inculcato – ecco che l’equilibrio si incrina.
La mandria dei consumatori non sa più dove andare. Quasi nessuno
capisce bene perché, quali sono le cause, chi sono i responsabili – il
sistema dei media glielo nasconde accuratamente e li inganna
sistematicamente – ma l’inquietudine cresce, per cento motivi, di cui
si vedono solo quelli superficiali, l’ordine pubblico, la corruzione,
la casta politica.

La giungla è bello vederla al
cinema, non viverci dentro. Il mercato, tanto magnificato tutti i
giorni dai media dei padroni del vapore, e dalle televisioni degli
stessi, è diventato ringhioso, e morde troppa gente. A chi piace la
competizione quando non sai se vincerai domani, e nemmeno se potrai mai
più vincere?

Qui ci sarebbe voluta una sinistra capace
di parlare alla gente dicendo la verità: cioè che il tipo di sviluppo
conosciuto in questi ultimi cinquant’anni non è più riproducibile
perché sono apparsi i “limiti”, e non se ne andranno più. Il picco
avviene una sola volta nella storia dell’Umanità, e finite le riserve
fossili, non ce ne sarà più.

Ma questa sinistra non c’è
più. Perché per fare questo sarebbe stata necessaria una nuova sintesi,
una nuova idea della transizione a “un’altra società umana”, non solo a
un altro sistema sociale. E per fare queste sintesi bisogna avere
organizzato lo studio, la ricerca, un livello alto dell’analisi della
complessità moderna. La sinistra si è anch’essa imbolsita nel
provincialismo ottuso della casta italiana, ed ecco che si è aperto un
baratro.

E’ avvenuta una specie di regressione
collettiva: una fuga dalla realtà, a metà strada tra l’imbambolamento
di chi chiede di poter continuare a divertirsi – a imitazione dei
ricchi, ma accettando che sia in tono minore, una specie di voyeurismo
anch’esso molto televisivo, come tutto il resto – e nello stesso tempo
si rifugia impaurito nel proprio territorio, tra le cose che conosce e
riconosce, tra i simili, tra quelli che parlano il tuo dialetto e che
fanno le stesse cose che fai tu. Anche come difesa istintiva contro gli
“alieni”, che pregano un altro dio e che ti rubano il lavoro. Anche
perché è meno alieno il tuo datore di lavoro, che ti fa fare lo
straordinario, i soldi te li da anche se ti fa lavorare come una
bestia, e poi è bene tenerselo buono perché non si sa mai con
quest’aria che tira…

Per questo hanno votato Berlusconi e Lega.

Non
modernizzazione ma regressione: un salto indietro rispetto alla
globalizzazione, che è diventata cinese e non piace più. Un salto
indietro anche rispetto all’Europa, anch’essa troppo amante della
competitività. Una fuga al quadrato, insomma. E a grande maggioranza.
Che è anch’essa la ricerca di un nuovo compromesso sociale: del tutto
subalterno e illusorio, naturalmente, ma è l’unico che hanno potuto
vedere, perché i loro occhi erano puntati sullo schermo televisivo,
dove non si può vedere, almeno in Italia, altro che quello, racchiuso
tra le tette delle soubrettes del Bagaglino.

Questo non
era quello che volevano i banchieri italiani che hanno appoggiato
Veltroni. Volevano ridurre i costi della modernizzazione, e farli
pagare ai lavoratori. Dimostrando così di essere la padella,
alternativa alla brace berlusconiana. Invece i costi della
modernizzazione aumenteranno, invece che ridursi.

Il
compromesso che loro hanno rotto la gente lo ha cercato, al ribasso,
con la regressione leghista-berlusconiana. Questo nuovo compromesso
passa attraverso la fine della democrazia, anche dal punto di vista
delle forme. Questo blocco sociale vincitore non ha un disegno che non
sia la frantumazione del paese e l’illusione – che lo distingue non di
molto da quello di Montezemolo – di poter contare sulla fortuna di una
qualche “ripresina”. E poiché le “perturbazioni sociali” della
transizione sono destinate ad aumentare, la cosa più probabile è che
ricorreranno alla forza per comprimerle. Insieme alla delimitazione di
tutti i diritti e libertà che l’attuale Costituzione ancora per poco
tutela.

Lo scenario a sinistra è ancora polveroso. Come un’esplosione vista al ralenti, quando
i frammenti e le schegge si allontanano caoticamente e lentamente gli
uni dagli altri. Poi si dovrà costruire le casematte per la difesa,
prima della tempesta.

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